Alexander Brodsky. Punti di Fuga

A. Brodsky. Senza Titolo. 42x70cm 1995
A.Brodsky .Punti di fuga. acquaforte 69x80cm 1999
A.Brodsky. Acquaforte 45x80 cm
A.Brodsky. Senza Titolo. 81x65cm. 1995
A.Brodsky. Senza Titolo. Punta secca. 68x46cm 1993

Il 7 febbraio 2006 la Galleria Nina Lumer inaugura la seconda tappa del ciclo “Arte e Scienza”, con cui ha aperto la sua attività nel novembre 2005.  In mostra una personale dell’artista e architetto russo Aleksander Brodsky, con oggetti e una serie di 15 incisioni inedite degli anni ‘90, stampate appositamente per questa occasione. Il ciclo in corso mira ad esplorare, nell’incontro tra arte e scienza, quel confine, molto precario, tra immaginazione e percezione, fondamentale per l’emergere della creatività artistica.

 

In Unione Sovietica, in un clima di vita pubblica e ufficiale  in cui anche la quotidianità del cittadino era proiettata verso una dimensione collettiva, artisti come Aleksander Brodsky hanno reagito sviluppando forme d’arte che privilegiavano l’autonomia creativa del singolo. In questo contesto storico Aleksander Brodsky ha sviluppato un linguaggio artistico che oggi lo rende una delle figure più interessanti della scena artistica moscovita contemporanea.

Aleksander Brodsky, nato a Mosca nel 1955, è architetto di formazione; vive a Mosca, dove esercita la professione come uno degli architetti più amati e internazionalmente riconosciuti della Russia di oggi.  Nel suo lavoro di ricerca egli ha portato “la sua grande immaginazione di artista visivo nel mondo dell’architettura” (Vitalij Komar), sviluppando così parallelamente il linguaggio artistico e tecnico-scientifico. La forte continuità tra artista e architetto è dovuta anche alla scelta dei materiali utilizzati: legno grezzo, cartone, latta, terracotta,  oggetti riciclati. Materiali, comunque, che portano su di sé i segni del tempo.

Tra i suoi edifici realizzati: il Ristorante 95° (Baia della gioia, dintorni di Mosca, 2000), una struttura obliqua sul modello di antiche palafitte e Vodka Drinking Pavilion (Art Kljazma, Mosca 2003), realizzato con telai di finestre recuperati da fabbriche smantellate. Tra i maggiori lavori artistici: The Canal Street Subway Project commissionato dal Public Art Fund (New York 1996), Palazzo nudo (Pittsburgh 1999), Koma (Mosca 2000, progetto vincitore del Premio-Milano in Triennale, 2001).

Architettura di carta

Aleksander Brodsky è stato, negli anni ’80, uno dei maggiori esponenti del movimento Bumazhnaja Architektura (Architettura di carta). In quegli anni di stagnazione brezhneviana e agli albori della perestrojka, un gruppo di giovani architetti moscoviti si liberò dai modelli di un’architettura standardizzata e autocelebrativa, scegliendo di lavorare piuttosto in una dimensione parallela di progetti puramente di carta, programmaticamente irrealizzabili. Sintesi di elementi architettonici, grafici, letterari, umani e naturali, queste fantasie architettoniche si proponevano come fenomeno culturale autonomo. Nonostante la non ufficialità in patria, i giovani architetti dell’Istituto MArchI di Mosca si garantirono sopravvivenza e fama partecipando, anche illegalmente, ai concorsi internazionali indetti da UNESCO, OISTAT e riviste come Architectural Design, Domus e Japan Architect.

A differenza delle utopie visionarie del Costruttivismo degli anni Venti, le architetture di carta di Aleksander Brodsky (le incisioni degli esordi, così come quelle contemporanee) sono il prodotto di una vertigine di punti di vista, che aprono la visione su una pluralità di mondi e di possibilità interpretative. La composizione diventa così un intreccio di infinite possibilità combinatorie. La profezia stilistica lascia spazio al gioco di forme e stili: se nei progetti utopici dei Costruttivisti degli anni Venti la dimensione fondante del tempo era l’eternità, questi progetti sono invece episodi temporanei. Come Aleksander Brodsky e Ilya Utkin hanno scritto nell’incisione Nameless River (1986) : “It signifies neither the beginning nor the end of anything; the boundary between the past and the future slips forward continually. The boundary is ourselves”. Siamo noi stessi a determinare il confine tra passato e futuro, è ciò che il Premio Nobel Gerald Edelman ha definito presente ricordato: “l’esperienza passata contribuisce a formare la mia consapevolezza integrata di questo singolo momento”.

Punti di fuga

Alla galleria Nina Lumer sarà esposta una serie di incisioni. In esse l’artista, ironico e narrativo, gioca con la prospettiva e stravolge le forme del mondo che ci racconta. Questo mondo ci appare come un ricordo deformato dal tempo. Brodsky è attratto da tutto ciò che porti i segni del tempo e possieda una storia individuale, il suo materiale artistico è la memoria. Il ricordare si materializza in enumerazioni e in infinite serie di oggetti, ognuno dei quali diventa un monumento a una cosa, una persona, un evento, una città. I suoi monumenti sono coperti di misteriose tracce del passato, sotto le quali essi si disintegrano, diventando rovine e materia primordiale. Ma non sono tragiche metafore escatologiche, bensì un’elegante ed ironica contemplazione dell’ineluttabilità del destino. Così le incisioni, paragonate a Piranesi, Escher e Cernichov, sono memorie del futuro, e non c’è una regola per cui la memoria debba per forza avere un risvolto nostalgico o malinconico. Così in Koma (Mosca 2000, Milano 2001), la città di terracotta che viene inondata da litri di petrolio, alla fine, quando è riflessa nel fiume e nei canali di liquido nero, si scopre più bella di prima.

Lo stravolgimento delle forme architettoniche, quasi fossero risucchiate o emanate dai punti di fuga, produce nell’osservatore una sorta di sospensione spazio-temporale che suscita in chi guarda il desiderio e la possibilità di operare una ricostruzione attraverso, questa volta, le proprie tracce di passato, sulle rovine e la materia primordiale tracciate da Brodsky. Spazio e tempo sono i riferimenti attraverso i quali si costruisce la percezione cosciente del mondo e del proprio essere in esso. Le opere di Aleksander Brodsky, in quanto aporie spazio-temporali, diventano così un chiaro esempio di rappresentazione del delicato confine tra immaginazione e percezione che intimamente unisce arte e scienza.

Le opere di Aleksander Brodsky sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private, tra cui: Institute of Contemporary Art, Boston, Massachussetts; Museum of Modern Art, New York; Museum of Contemporary Art, Chicago, Illinois; Pushkin State Museum of Fine Arts, Moscow; San Diego Museum of Contemporary Art, San Diego, California; Withney Museum of American Art, New York.