Irina Zatulovskaya. Uomini e bestie

I. Zatulovskaya, Assegnazione dei nomi, olio su ferro, 45x89 cm, 2004

I. Zatulovskaya, Il Giardino dell’Eden, pigmenti su carta, 30 lavori 100x70 cm, 2006 – 2007

I. Zatulovskaya, Rana danzante, olio su ferro, 68x61 cm, 2006
Irina Zatulovskaya, Lev Tolstoj, olio su legno, 38x31 cm, 2004
Irina Zatulovskaya, Raj, 9x19 cm, matita e acquarello su carta, 2007
Irina Zatulovskaya, Dostoevskij, 45x48 cm, olio su legno, 2006
I. Zatulovskaya, Terracotte della Mesopotamia, olio su legno, 35x31 cm, 2006

Giovedì 1 febbraio 2007 la galleria Nina Lumer inaugura la prima mostra personale in Italia di Irina Zatulovskaya. La mostra Uomini e bestie è la nuova tappa, cui faranno seguito nel corso del 2007 le personali di Oleg Kulik e Valery Koshlyakov, del programma espositivo della galleria Nina Lumer che da un anno propone al pubblico italiano uno sguardo sugli sviluppi dell’arte contemporanea russa e dei territori dell’ex Unione Sovietica, esponendone i maggiori e più eterogenei rappresentanti.

Nata a Mosca nel 1954, Irina Zatulovskaya ha cominciato a disegnare in giovanissima età e si è diplomata all’ Istituto Poligrafico di Mosca. Nel 1979 entra a far parte dell’Unione degli Artisti sovietici, da cui viene allontanata pochi anni dopo a causa di un ritratto considerato una falsa rappresentazione dell’ uomo sovietico. Da qui sviluppa la sua identità artistica in netta contrapposizione al sistema ufficiale. Seppur figurativa la sua arte si inserisce in una tradizione profondamente diversa da quella del realismo socialista. Un figurativismo non più epico e assoluto, ma intimo e quotidiano, che si inserisce in quello stesso filone gogoliano di cui fanno parte anche i lavori di altri illustri personaggi della cultura russa contemporanea: i cartoni animati di Yuri Norstein, le illustrazioni di Vladimir Radunsky e le incisioni di Alexander Brodsky.

Il lavoro di Irina Zatulovskaya in mostra alla galleria Nina Lumer rappresenta un mondo popolato da piccole figure, animali, esseri umani, oggetti, che paiono sospesi in un altro tempo. Sono monaci, donne, cavalli, cani, chiese come funghi, leoni come uomini, scrittori con la faccia triste, contadini senza faccia, anime morte, tonache bianco-fantasma, farfalle, lettere cirilliche in libertà, lattine arrugginite, artisti geniali e altro bric à brac in disuso che ci proiettano in un mondo sospeso tra la campagna e il monastero. È un bestiario che fa degli animali creature docili, quasi antropomorfe e degli uomini, anche dei più noti, figure senza volto, piccole silhouettes immobili riunite in un immaginario giardino dell’Eden. È un’arte silenziosa, statica, rarefatta e al tempo stesso di terribile concretezza. L’artista dipinge su tavole di legno, ante d’armadio, lamiere arrugginite, frammenti che paiono strappati dalle izbe dei contadini russi, dalle insegne dei loro negozi, dalle iconostasi. La vernice, piatta, omogenea e vivace, trasfigura la ruvida scontrosità della materia in scene di originale purezza.

L’arte di Irina Zatulovskaya rivisita la cultura occidentale attingendo alla ricca tradizione del primitivismo russo – da Larionov a Chagall, da Elena Guro al tardo Malevic – per esprimere in un’atmosfera sospesa e fuori dal tempo inquietudini e sogni di fuga del mondo contemporaneo.